Proseguiamo il percorso virtuale all’interno dell’orologio esaminando l’organo di “carica e rimessa”. Questa parte dell’orologio spesso non riceve le dovute attenzioni da parte degli appassionati, più interessati da scappamenti di varia natura o complicazioni sempre più estreme. In realtà riveste un ruolo molto importante in quanto rappresenta l’unico mezzo con cui l’utente interagisce con il proprio meccanismo.
È grazie al dualismo di questo dispositivo che alternativamente diamo inizio al caricamento della molla, oppure spostiamo il gioco sfere, correggendo i naturali scarti di marcia dei nostri orologi. È facile quindi intuire quante e quali sollecitazioni devono sostenere le ruote ed i leveraggi di questo apparato.
Un po’di storia:
L’orologio mobile fa la sua comparsa all’incirca nel 1500 ovviamente in pochissimi e rarissimi esemplari, il passaggio dall’orologeria statica (pendoli) a quella portatile ha decisamente richiesto delle profonde modifiche, viste le modeste dimensioni assunte dai segnatempo, alloggiati inizialmente in una tasca. La modalità di carica e di rotazione delle lancette si evolve di conseguenza.
Inizialmente il problema fu brillantemente risolto applicando il sistema a chiavetta derivato direttamente dalla pendoleria. La chiave agiva sull’asse della molla per la carica e sempre con la medesima si poteva ruotare il gioco sfere poiché il profilo dell’asse fissaggio della lancetta dei minuti era di sezione quadrata e di eguale misura.
Nel 1820 l’Inglese Thomas Prest deposita ufficialmente il primo brevetto di carica con la corona (Pat. N° 4501), relegando così l ‘uso della piccola chiave al solo spostamento delle lancette. Corre l’anno 1844 quando Jean Adrien Philippe, futuro socio di Patek, presenta durante la prestigiosa esposizione di Parigi il sistema di carica e rimessa comandato unicamente dal movimento della corona. Tale innovazione manderà definitivamente in pensione la chiavetta e aprirà la futura strada verso l’orologio da polso. Dopo il 1850 parte degli orologi Svizzeri adotta il dispositivo con pulsantino laterale per la messa a punto dell’orario.
Nel precedente articolo la nostra attenzione riguardava l’organo motore e per orientarci agevolmente tra i vari ingranaggi abbiamo diviso la macchina (solo tempo) in due lati ben precisi : lato A e lato B.
Le parti che generano la forza motrice (molla, bariletto e relativo ruotismo) come detto si collocano nel lato B saldamente alloggiate sotto il relativo ponte. Analizziamo ora nei suoi particolari Il meccanismo che ci consente di caricare la molla, alloggiato nel lato A della Platina e precisamente sotto il quadrante.
I componenti :
- L’Albero (la Tige termine usato in alcuni manuali derivato dal Francese)
- Tiretto
- Pignone di carica
- Pignone scorrevole
- Bascula + relativa molla
- Copribascula
L’Albero, tondino metallico,c ostruito in solido acciaio presenta nel suo sviluppo dei profili molto differenti tra loro, ognuno dei quali assolve un compito ben preciso. La parte più esterna, quella che fuori esce dalla cassa, riporta una filettatura, uguale nella maggioranza degli orologi da polso, con passo standard di 0.9 mm ma ne vengono costruiti anche con passi diversi ad esempio nei cronografi, dove è richiesta una forza di rotazione maggiore, date le generose dimensioni della molla, può raggiungere il diametro di 1.20 mm. Nei calibri ultrapiatti scende fino 0.70 mm. Il fine di questa filettatura è il sostegno della corona che consente un facile appiglio per le operazioni di carica e settaggio orario. Segue il “ corpo” zona cilindrica e robusta che termina nella ”gola”, profonda scalanatura circolare con bordi ben delineati, dove il dente del Tiretto si alloggia per tenere saldamente l’albero nella sua sede ed evitare che si sfili durante l’azione di lavoro. Proseguendo la sezione torna cilindrica e liscia, qui viene inserito il Pignone di carica, meglio noto agli addetti ai lavori come ruotino a “coltello” poiché il suo asse di lavoro è “normale” ossia a 90° rispetto la piano della platina. Questo ruotino presente due tipi di dentature differenti una “radiale” (sulla circonferenza) e l’altra su di un fianco detta a sega o Breguet dal suo inventore. Continuando nella sua estensione la forma dell’albero cambia radicalmente divenendo quadrata ( il quadrello) creando un prisma di alcuni millimetri, in questa zona si alloggia il Pignone scorrevole, di forma cilindrica anche esso con due distinte dentature separate da una scanalatura anulare. Il lato rivolto verso il ruotino a coltello riporta il medesimo taglio Breguet, in maniera che i due ruotini possano accoppiarsi perfettamente ed in modo speculare tra loro. Dalla parte opposta ha un intaglio detto frontale. Il pignone scorrevole è cavo con sezione quadrata come l’albero, ma di misura leggermente maggiore per consentire l’inserimento sul medesimo. La lunghezza del quadrello risulta maggiore di quella del ruotino ciò determina la possibilità di quest’ultimo di poter scorrere avanti ed indietro. Questo movimento ha ispirato il nome gergale di ruotino “ballerino”. Si conclude la sagoma dell’albero con una sottile punta che và ad inserirsi in piccolo foro praticato nella platina, la sua funzione è di mantenere sempre in asse l’albero durante il movimento longitudinale.
La sede di questo pezzo così articolato, ricavata nella base dell’orologio, ha una forma inconfondibile, ricorda in fatti la lettera “T”. Sul piano della platina, che rammentiamo essere in ottone o in apposite leghe, sono poi montati dei perni chiamati “Tenoni” per non essere confusi con quelli relativi al ruotismo. Infatti è proprio grazie a questi che si possono tenere in sede bascule o mollette di varia natura consentendogli però la massima autonomia di movimento.
Quindi si individua facilmente il tenone di generose dimensioni, dove alloggia il foro della “Bascula” (leva) la cui parte estrema si colloca nella gola del pignone scorrevole. Parallelamente a questa leva troviamo un mollettina, a filo oppure a lamina, che spinge costantemente la bascula mantenendo così adesi il ruotino ballerino e quello a coltello. Tutte queste parti sono fermate, ma comunque mobili, da un piastrino detto “copribascula”. In passato i tre componenti denominati appunto Tiretto, Bascula e Copribascula rappresentavano il tramite più sicuro per identificare l’esatto calibro su cui si doveva intervenire.
Analizzati i singoli elementi che compongono l’Organo di Carica vediamone il suo funzionamento, tutte le operazioni vengono effettuate grazie alla Corona saldamente avvitata nell’albero, nella sua posizione più accostata alla cassa è sufficiente mettere in rotazione tale accessorio per avere subito accesso alla trasmissione di carica. Ovviamente la corona gira in entrambi i sensi ma il suo effetto attivo è in una sola direzione. Sarebbe assurdo compiere 3 giri di carica ed al contrario 3 giri di scaricamento, questo è reso possibile dalla trasmissione con dentatura Breguet, in cui la particolare sagoma dei denti (a sega) consente un forte e saldo ingranamento,tra le ruote, in un verso ed uno slittamento con allontanamento, dei pignoni, dall’altro con l’ovvia perdita di trasmissione. Quindi girando la corona da una parte metteremo in rotazione l’albero dove il pignone di scorrevole, saldamente agganciato tramite il foro sagomato (quadro),girerà e spinto con una certa forza, dall’azione combinata della molletta e della bascula aggancerà il pignone di carica mettendolo in movimento.
Attraverso l’apposita asola, praticata nel ponte della molla (lato B), il pignone di carica troverà la dentatura della ruota a corona (vedi articolo precedente) che a sua volta ingranerà con il rocchetto (rochet) di carica il quale fissato sull‘asse del bariletto ruotando caricherà la molla. Il sistema di Arpionismo (cricchetto con mollettina) provvederà ad impedire la rotazione inversa che annullerebbe la spinta di alimentazione del bariletto.
Esaminata la funzione di carica, base comune a tutte le meccaniche manuali (non automatiche) vediamo come attraverso gli stessi leveraggi, finora descritti, e l’aggiunta di alcuni rotismi sia possibile far girare il gioco sfere per effettuare le dovute correzioni. Il treno delle ruote preposto alla rotazione delle lancette prende comunemente il nome di “Minuteria” il suo principio meccanico é definito “ demoltiplicativo”, ossia la forza motrice parte da una ruota piccola (pignone) con pochi denti e conduce una ruota con diametro maggiore portante un numero di denti superiore. Questo fa si che per un giro del pignone la ruota si muova solamente di una frazione di giro (arco). Gli elementi che costituiscono la minuteria sono i seguenti:
- Pignone calzante (Chaussée per i Francesi o semplicemente frizione in gergo)
- Ruota di minuteria (ruota rimando in gergo)
- Ruota ore (ruota cannone in gergo)
- Ruotino di rinvio
Tutto il dispositivo sopra descritto è libero di girare sia spinto dall‘energia sprigionata dal bariletto, conducendo liberamente le lancette, che forzatamente con l’azione rotativa della corona, vediamo ora come questo sia possibile. Al centro della Platina viene ricavato un foro, spesso munito di un rubino, dove al suo interno passerà l’asse della “Ruota di Centro”, che uscirà nel lato B mentre ruota e pignone rimarranno nel lato A. la parte uscente riporta una sagoma per calettare il pignone calzante che attraverso due apposite rientranze si accoppierà perfettamente all’asse divenendo un solo pezzo, ma con la possibilità di ruotare in modo indipendente se sollecitato. Quando l’orologio marcia normalmente la ruota centrale spinta dal resto degli ingranaggi traina con se il pignone calzante, formando un unico ingranaggio, per cui sotto il quadrante (lato B) La nostra frizione gira divenendo “conduttrice”, al suo fianco ingrana con la ruota di rimando, cosi chiamata in quanto rimanda la trasmissione alla ruota superiore delle ore inserita coassialmente al pignone calzante permettendo così la concentricità delle lancette.
Ad un giro completo della “Chaussée”, alla cui sommità verrà inserita la lancetta dei minuti, la ruota ore che conduce l’omonima sfera effettuerà un dodicesimo di giro, è infatti 1 a 12 il rapporto di trasmissione demoltiplicativa indicata dal quadrante, l’intervallo tra gli indici oppure i numeri che ci permettono la lettura dell’ora è infatti un arco di circonferenza di 1/12 .
Per modificare l’orario si utilizzerà sempre l’azione della corona ma prima del movimento rotatorio bisogna esercitare una trazione verso l’esterno nella direzione opposta al centro dell’orologio. Estraendo l’albero si trascina contemporaneamente anche il Tiretto il quale, grazie alla sua sagoma, spinge in avanti la Bascula, saldamente inserita nel pignone scorrevole (ballerino) il quale avanza a sua volta. Se l’orologio è in perfette condizioni avvertiremo un netto scatto, causato dal cambio di posizione del piccolo perno, posto sulla sommità del tiretto, e la sede che lo alloggia ricavata nella parte elastica del copribascula che in questo caso svolge la funzione di “selettore”. È grazie a questa soluzione che si può passare comodamente dalla posizione di carica a quella di rimessa orario.
Il pignone scorrevole (vedi foto articolo precedente) riporta due tipi di dentature ben distinte, una Breguet ed un’altra “frontale”, e sarà proprio quest’ultima dopo che il piccolo ingranaggio è avanzato spinto dalla bascula ad ingranare con il Ruotino di rinvio, saldamente impernato nel suo tenone. Le sue alette lavorano con i denti della ruota rimando, la quale girando, con la forza derivata dalla rotazione della corona, vincerà la resistenza del pignone calzante, montato sull’asse della ruota di centro, e facendo muovere il gioco sfere a nostro piacimento. La ruota centrale non seguirà questo movimento forzato poiché la sua libertà di rotazione è limitata dal ritmo impostogli dallo scappamento, che prevede lo scatto di un dente alla volta.
Il funzionamento ottimale dell’organo di carica e rimessa è subordinato ad una scrupolosa ed attenta lubrificazione da parte dell’orologiaio. Le sollecitazioni quotidiane di carica che si esercitano su di un calibro “ manuale” sono tali da non consentire oliature approssimative sia per la qualità dei lubrificanti adoperati che per la loro messa in opera. Pena un cattivo funzionamento di tutto l’apparato e soprattutto un usura irregolare ed eccessiva dei componenti, con danni strutturali alla platina a volte irreversibili.